Malinconico tempo! Fascino degli occhi!
. . .io sono entrato
in un bosco senza foglie e senza nome.
Da un lato era lambito dal bianco-latteo
specchio della nebbia.
Lungo i rami biancastri
colavano lacrime limpide quali soltanto
gli alberi piangono alla vigilia
di un inverno completamente privo di colore.
E allora avvenne il miracolo:al tramonto
baluginò l’azzurro da dietro una nuvola
e un raggio luminoso si fece largo come in giugno
dai giorni futuri del mio passato. . .
(Arsenij Tarkovskij)
Quest’anno l’autunno in Italia ci vizia con delle giornate calde e soleggiate e al mattino con la nebbia che copre città e paesini. Gli alberi nei parchi e nelle montagne hanno cambiato colore e macchiano i paesaggi con rosso e giallo. Pensando un po’ ho deciso di dedicare questo mio post all’autunno, ma non a quello italiano, ma a quello russo, che mi sta sempre nel cuore e man mano che passi il tempo lontano dai luoghi dove sono cresciuta mi fa venire nostalgia e voglia di rivivere almeno nei pensieri quel periodo meraviglioso.
Tra i poeti e scrittori russi che dedicarono le proprie opere a questa stagione meravigliosa vorrei ricordare Ivan Bunin. Fu poeta e narratore, nonché il primo scrittore russo a vincere il premio Nobel per letteratura nel 1933.
Alba ottobrina
Impallidita la notte, la luna tramonta
sul fiume come rossa falce.
La nebbia sonnolenta sui prati s’inargenta,
Il nero canneto, impregnatosi, esala fumo,
Il vento fa frusciare il canneto.
V’è quiete nel villaggio. Nella cappella la lampada
Si offusca, ardendo stancamente.
Alla tremula oscurità del giardino intirizzito
Si propaga dalla steppa a ondate la frescura…
Lentamente rosseggia l’aurora.
(Ivan Bunin, 1887 – 1894)
CONSIGLIO.
Chi vorebbe saperne un po’ di più su Bunin può guardare il film “Il diario di sua
moglie”("His Wife's Diary", "Dnevnik ego jeni") del
registra russo Alexei Uchitel. Il film racconta dell’ultimo amore e della
solitudine di grande scrittore russo.
Alla fine non potevo assolutamente trascurare uno
dei miei scrittori preferiti. Boris Pasternak. Nacque a Mosca nel 1890. Fu
poeta, narratore e traduttore. Ebbe un destino non facile. Nel 1935 Pasterank si profuse nella difesa
del marito e del figlio di Anna Achmatova; grazie alle tantissime lettere che
scrisse a Stalin ottennero la liberazione dalla prigione. Nel 1936 il poeta
pubblicò le sue prime poesie con parole di ammirazione verso Stalin. Già verso
la metà del 1936 però il governo sovietico pensò che le sue opere non fossero
adeguate al regime. In seguito Pasternak cominciò a tradurre le opere di William
Shakespeare che ancora adesso noi leggiamo sulle pagine dei libri russi. Nel
1955 uscì il famosissimo romanzo “Il Dottor Zivago” ("Доктор Живаго")che secondo lo stesso
Pasternak fu il picco del suo genio
creativo. Nel 1957 il romanzo venne pubblicato in Italia. Nel 1958 Pasternak
divenne il secondo scrittore russo (dopo Bunin) a ricevere il premio Nobel. Il
regime sovietico, l’incomprensione da parte dei politici sovietici verso un
romanzo cosi geniale come “Doktor Zivago” e le minacce da parte del KGB costrinsero
Pasternak a rinunciare al Premio. Il suo romanzo sarà pubblicato nella sua
Patria solo nel 1988, ormai dopo la morte del scrittore. Qui invece vi vorrei
fare leggere una delle sue poesie dedicate all’autunno.
Quest’anno l’autunno in Italia ci vizia con delle giornate calde e soleggiate e al mattino con la nebbia che copre città e paesini. Gli alberi nei parchi e nelle montagne hanno cambiato colore e macchiano i paesaggi con rosso e giallo. Pensando un po’ ho deciso di dedicare questo mio post all’autunno, ma non a quello italiano, ma a quello russo, che mi sta sempre nel cuore e man mano che passi il tempo lontano dai luoghi dove sono cresciuta mi fa venire nostalgia e voglia di rivivere almeno nei pensieri quel periodo meraviglioso.
Autunno
dorato oppure, in russo, Zolotaya osen’(Золотая осень) è il periodo calmo e bellissimo quando le città e campagne si
colorano di favolose tinte dorate e gli alberi si vestono di giallo, arancione
e rosso; quando gli uccelli si uniscono in schiere per partire verso i paesi
caldi e sul cielo autunnale si stagliano le piccole formazioni triangolari di uccelli
viaggiatori si spostano verso Sud. La
mattina nell’aria fresca si ferma un po’ di nebbia rimasta dalla notte, ma dopo
sparisce lasciando il posto al sole e bellissimi giochi di luce tra i rami degli
alberi.
Di solito questo periodo comincia verso la
fine di settembre e continua fino a metà ottobre. Dico di solito perché il periodo può variare
di anno in anno, a seconda del tempo.
L’Autunno dorato è uno dei periodi più amati dai poeti russi.
Malinconico tempo! Fascino degli occhi!
Piacevole mi è la tua bellezza di addio –
Io amo della natura lo sfarzoso appassire,
E i boschi avvolti nella porpora e nell’oro,
Alla loro ombra è ancora più fresco il soffio e il rumore del vento,
E il cielo è ricoperto di ondulata nebbiosità,
E il raro raggio di sole e i primi geli,
E le minacce lontane del bianco inverno.
(Aleksandr Puskin, “Autunno” 1833)
“Già rifiata autunno il cielo,
Già si vela il solicello,
Son più corte le giornate
E frusciando tristemente
Già si spoglia la recondita
Ombra dei boschi. Scende
La nebbia sui campi, stormi
D’oche starnazzanti sfilano
Verso sud: s’avvicina
Un periodo alquanto uggioso;
Alle porte è già novembre”
L’Autunno dorato è uno dei periodi più amati dai poeti russi.
Non è un
segreto che il grande poeta russo Aleksandr Puskin, affascinato dall’autunno, quando "già il bosco scuote le ultime foglie dai
suoi nudi rami", scrisse proprio durante questo periodo molte sue opere.
Piacevole mi è la tua bellezza di addio –
Io amo della natura lo sfarzoso appassire,
E i boschi avvolti nella porpora e nell’oro,
Alla loro ombra è ancora più fresco il soffio e il rumore del vento,
E il cielo è ricoperto di ondulata nebbiosità,
E il raro raggio di sole e i primi geli,
E le minacce lontane del bianco inverno.
(Aleksandr Puskin, “Autunno” 1833)
L’Autunno di
Boldino oppure Boldinskaya osen’ (Болдинская осень) del 1830 ha donato, non
solo alla letteratura russa ma anche a quella mondiale, capolavori straordinari
di Puskin. E c’è il suo perché. Nell’arco di tre mesi Puskin riuscì a scrivere
le sue opere più famose.
“Già rifiata autunno il cielo,
Già si vela il solicello,
Son più corte le giornate
E frusciando tristemente
Già si spoglia la recondita
Ombra dei boschi. Scende
La nebbia sui campi, stormi
D’oche starnazzanti sfilano
Verso sud: s’avvicina
Un periodo alquanto uggioso;
Alle porte è già novembre”
("Evgenij
Onegin", Capitolo IV, Strofa XL)
L’epidemia di colera che in quel anno regnava in
Russia costrinse Puskin ad andare nella tenuta di famiglia a Boldino (Oblast'
di Nižnij Novgorod) dove il poeta volle rimanere per un mese. Ma le circostanze
dettarono le proprie regole e lui ci rimase per tre mesi. In questo periodo lui finì i capitoli XIII e IX
di “Evgenij Onegin”, scrisse “I racconti di Belkin”, quattro “piccole tragedie”(tra cui "Il cavaliere avaro”, “Mozart e Salieri”, “L’ospite di pietra”, “la festa
ai tempi della peste”) e circa trenta poesie.
Ed ecco ancora
un poeta russo affascinato dall’autunno e che dedica a questa stagione la sua
poesia. Tjutcev ebbe la capacità straordinaria di descrivere i paesaggi russi nelle
proprie opere e mostrare ai lettori l’invisibile bellezza della natura.
Si dà di
primo autunno un tempo
meraviglioso e breve:
il giorno è come di cristallo
e luminose son le sere...
L'aria è deserta, uccello più
non s'ode,ma son lontane ancora le bufere invernali,
e il puro e caldo azzurro si rovescia sulla campagna
che riposa.
(Fedor Tjutcev)
meraviglioso e breve:
il giorno è come di cristallo
e luminose son le sere...
L'aria è deserta, uccello più
non s'ode,ma son lontane ancora le bufere invernali,
e il puro e caldo azzurro si rovescia sulla campagna
che riposa.
(Fedor Tjutcev)
Tra i poeti e scrittori russi che dedicarono le proprie opere a questa stagione meravigliosa vorrei ricordare Ivan Bunin. Fu poeta e narratore, nonché il primo scrittore russo a vincere il premio Nobel per letteratura nel 1933.
Impallidita la notte, la luna tramonta
sul fiume come rossa falce.
La nebbia sonnolenta sui prati s’inargenta,
Il nero canneto, impregnatosi, esala fumo,
Il vento fa frusciare il canneto.
V’è quiete nel villaggio. Nella cappella la lampada
Si offusca, ardendo stancamente.
Alla tremula oscurità del giardino intirizzito
Si propaga dalla steppa a ondate la frescura…
Lentamente rosseggia l’aurora.
(Ivan Bunin, 1887 – 1894)
. . . Ancora più
fastose, più sfrenate
stormite, spargetevi, foglie,
e la coppa dell'amarezza di ieri
con l'angoscia odierna fate traboccare.
Attaccamento, attrazione, incanto!
Disperdiamoci nel frastuono di settembre!
Immergiti tutta nel fruscio dell'autunno!
Arrestati o insanisci!
Tu pure abbandoni la veste,
come il boschetto abbandona le foglie,
quando tra le braccia ti getti
in vestaglia col fiocco di seta.
Tu sei il bene di un passo funesto,
quando la vita più che infermità ripugna,
ma la radice della bellezza è audacia
e questo ci attrae l'uno all'altro. . .
(1949)
stormite, spargetevi, foglie,
e la coppa dell'amarezza di ieri
con l'angoscia odierna fate traboccare.
Attaccamento, attrazione, incanto!
Disperdiamoci nel frastuono di settembre!
Immergiti tutta nel fruscio dell'autunno!
Arrestati o insanisci!
Tu pure abbandoni la veste,
come il boschetto abbandona le foglie,
quando tra le braccia ti getti
in vestaglia col fiocco di seta.
Tu sei il bene di un passo funesto,
quando la vita più che infermità ripugna,
ma la radice della bellezza è audacia
e questo ci attrae l'uno all'altro. . .
(1949)
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