Assedio di Leningrado
Metronomo dell'Assedio
(pezzettini della colla da falegname)
Gli attori affamati e infreddoliti lo stesso recitavano, ed i teatri erano pieni. Le orchestre continuavano a suonare la musica classica nei teatri filarmonici, e le biblioteche rimasero aperte. Nei periodi più bui e crudeli i russi hanno mostrato questa voglia di vivere sempre la loro vita culturale. Forse questo è proprio nel nostro sangue, una cosa di cui parlo sempre con molto orgoglio.
Nessuno dimentichi, nulla sia
dimenticato
(Ol’ga Berggol’c, 1959)
Oggi è il 27 gennaio, una data molto importante sia per la storia di
San Pietroburgo che per tutta la Russia. 74 anni fa l’Armata Rossa liberò
Leningrado assediato, la culla della rivoluzione, che visse “strangolata” 900
giorni nell’anello stretto dalle truppe naziste.
(la scritta su uno dei palazzi di San Pietroburgo: "Cittadini, durante i bombardamenti, questo lato della via è più pericoloso")
Mi sono permessa di cominciare questo post con la frase scritta dalla
poetessa sovietica, Ol’ga Berggol’c, che è diventata un inno a tutti i sopravissuti,
ai deceduti, all’eroismo di ogni cittadino della città e all’Armata Rossa in
generale. La frase la prima volta fu citata nella poesia scritta dalla poetessa
ormai dopo la Guerra, nel 1959, ma dopo l’avevano usato come il manifesto sul
muro della memoria del cimitero Piskarevskoe (San Pietroburgo).
Leningrado era uno degli obiettivi principali del grandioso progetto
nazista di guerra lampo. L'8 settembre 1941 la città venne accerchiata da terra
e rimase isolata da tutto il paese. I collegamenti rimasti con la "Grande
Terra" furono solo via aerea oppure tramite il lago Ladoga, più avanti
chiamata “La strada della vita” (Doroga zhizni).
“Prima noi accerchiamo ermeticamente
Leningrado e la distruggiamo con l’artiglieria e l’aviazione. Quando il terrore
e la fame regneranno nella città sgombereremo qualche passaggio e lasceremo
uscire le persone disarmate. In primavera entreremo in città, prenderemo
prigionieri e evacueremo nelle regioni interne della Russia tutti i
sopravvissuti e cederemo alla Finlandia tutto il territorio a settentrione
della Neva”.(Dai documenti Dello Stato Maggiore
Tedesco, Enciclopedia Sovietica “L’URSS nella seconda guerra mondiale”). Erano
progetti, sogni e piani che rimasero irrealizzati da parte dei nazisti, perché
nessuno si spettava dai cittadini affamati della Grande città - bambini, donne,
anziani, - questo coraggio ed eroismo inimmaginabile.
L'8
e il 10 settembre 1941 a causa dei fortissimi bombardamenti il grande deposito
alimentare della città “Badaevski” fu bruciato completamente. Come conseguenza
di cibo ne rimaneva sempre meno. Per “comprare” il pane ogni cittadino aveva un
cartoncino dove scrivevano il peso del pezzo di pane, il mese e il giorno in
cui si sarebbe potuto “ritirarlo”. Perdere questo cartoncino per ogni persona
era fatale.
(cartoncino per il pane, novembre 1941)
La
norma giornaliera del pane diminuiva ogni giorno, finché un giorno non raggiunse
il minimo (dicembre 1941): lavoratori - 250 grammi di pane al giorno, donne,
anziani e bambini – 125 grammi. Il pane era un piccolo pezzettino umidiccio
fatto di cellulosa, bicarbonato, crusca d’avena e solo un pochino di grano.
(la fetta di pane che ogni cittadino della città assediata riceveva durante la guerra)
L’inverno 1941-1942 fu forse il più freddo mai visto prima, la temperatura
raggiungeva i -40. Quei pochi condomini che erano rimasti non avevano né
riscaldamento, né acqua. La gente per scaldarsi bruciava i mobili, libri e
tutto quello che si poteva bruciare. La fame era irresistibile, mangiavano
tutto quello che trovavano: cinture in pelle, alcune medicine; dalla colla da
falegname si faceva il brodo, perché allora la colla era fatta con il midollo degli
animali. Alcuni per sopravvivere mangiavano pure i gatti.
(pezzettini della colla da falegname)
(polpette fatte dal lievito di birra, pezzo di cintura, piadine fatte dalla crusca e bietolone, fritte sull'olio di macchina)
Nelle abitazioni l'acqua non c'era e la gente, con uno sforzo incredibile, andava nei canali della città oppure sulla Neva per prenderla.
Per la distrofia, la fame e il freddo i
cittadini al ritorno non avevo neanche le forze per arrivare a casa . . . cadevano
per strada e morivano.
E'
famosissimo il metronomo, questo oggetto accompagnò i cittadini della città
tutti i 900 giorni dell’Assedio. È diventato parte immancabile della storia di
Leningrado, monumento storico alla resistenza del popolo. Nei primi giorni
dell’Assedio sulle vie di Leningrado furono installati 1500 altoparlanti. La
radio per i cittadini diventò la fonte d'informazione sui bombardamenti . E
proprio il suono del metronomo trasmetteva l’informazione su bombardamenti: il
ritmo veloce significava l’allarme di incursione aerea, il ritmo lento –
segnale di annullamento degli attacchi.
Ho
letto numerosi libri sull’Assedio, scritti dagli storici della Guerra o diari
dei bambini (alcuni non vedranno mai i fuochi d’artificio che annunciavano la
fine della guerra) e mi stupisce sempre ancora un fatto. Parlo della vita
culturale. La gente si indeboliva ogni giorno per la mancanza del cibo, per il
freddo, la perdita dei parenti e degli amici, ma nonostante tutto dentro di sé
non vedeva morire la voglia di leggere libri, frequentare teatri, ascoltare musica.
(cartelloni di balletti e concerti che si svolgevano durante l'Assedio)
Nonostante la debolezza e mancanza di riscaldamento, i bambini continuavano a
frequentare le scuole (quelle poche ancora aperte), facevano i compiti
scrivendo sui giornali vecchi per la mancanza di carta normale.
(sulla lavagna c'è l'elenco delle scuole di Leningrado aperte durante l'inverno freddissimo del 1941-1942)
Gli attori affamati e infreddoliti lo stesso recitavano, ed i teatri erano pieni. Le orchestre continuavano a suonare la musica classica nei teatri filarmonici, e le biblioteche rimasero aperte. Nei periodi più bui e crudeli i russi hanno mostrato questa voglia di vivere sempre la loro vita culturale. Forse questo è proprio nel nostro sangue, una cosa di cui parlo sempre con molto orgoglio.
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